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TEST 256 – [Nodo 7 – Deriva Cromatica Informazionale] Assorbimenti stretti in quasar (DLA/NAL): pendenza cromatica z(lnλ) su multiplette metalliche, controllo isotopico/iperfine e robustezza comb-calibrated

Scopo del test
Lo scopo di questo test è verificare in modo approfondito se all’interno degli spettri di quasar si manifesta una deriva cromatica del redshift, ossia una variazione sistematica del valore di z al variare del logaritmo della lunghezza d’onda, che possa essere interpretata come traccia diretta della trasformazione informazionale del tempo. Per farlo si scelgono i sistemi assorbenti stretti, come DLA, sub-DLA e NAL intervenienti, che rappresentano i migliori laboratori naturali grazie alla loro struttura cinetica semplice e alla grande ricchezza di righe metalliche. Questi sistemi, osservati con spettrografi di altissima stabilità e calibrazione comb, permettono di cercare tre firme con elevata precisione: la presenza di una pendenza zeta diversa da zero calcolata su multiplette metalliche e Lyman-alpha, la coerenza del segno di tale pendenza rispetto a un parametro direzionale s che indica la curvatura informazionale del tempo, e infine una relazione di scala tra l’ampiezza del fenomeno e un indice di rigidità che misura la profondità del cambiamento. Lo scopo non è solo rilevare un’anomalia, ma distinguere un comportamento metrologicamente verificabile da ogni possibile artefatto strumentale o astrofisico, in modo che il risultato possa essere interpretato come effetto fisico intrinseco e non come distorsione di calibrazione.

Descrizione della funzione
L’esperimento si fonda sull’osservazione che il redshift non è semplicemente una quantità unica e globale, ma una trasformazione continua che può manifestarsi con minime variazioni interne quando la luce viene analizzata in dettaglio spettrale. Ogni sistema assorbente viene considerato come un punto del tempo cosmico che conserva memoria della propria fase informazionale. Da quel punto si derivano due grandezze di riferimento, una che rappresenta la direzione del cambiamento, e una che ne misura la rigidità, cioè la capacità della struttura metrica di mantenere coerenza pur variando nel tempo. Queste due grandezze sono combinate in un predittore cromatico che permette di stimare dove e quanto la deriva cromatica dovrebbe manifestarsi. L’osservabile principale è la pendenza zeta, ottenuta correlando i valori di redshift misurati per ciascuna riga con il logaritmo della loro lunghezza d’onda. L’osservabile secondario è il residuo per riga, cioè la deviazione di ciascun valore dalla media del sistema, che fornisce un’impronta fine della coerenza interna dello spettro. Quando le righe appartengono a multiplette diverse ma mostrano residui con lo stesso segno e ampiezze proporzionate alla rigidità metrica, significa che la cromaticità non è un effetto casuale ma un fenomeno globale che attraversa specie atomiche differenti.

Metodo di analisi
Il procedimento analitico segue una struttura multilivello progettata per eliminare ogni causa alternativa. Nel primo livello, quello della misura, si adattano modelli fisici delle righe di assorbimento che tengono conto di tutte le componenti di velocità e dei parametri di ampiezza, integrando informazioni su isotopi e strutture iperfini quando disponibili. Si usano prior ampi per evitare vincoli arbitrari e si lascia libero il numero di componenti, così che sia il dato stesso a indicare quante ne servono per riprodurre lo spettro. La calibrazione in lunghezza d’onda è eseguita in modo assoluto, ancorandosi a standard laser o, in mancanza, a osservazioni di oggetti solari effettuate nella stessa notte. Le distorsioni strumentali vengono modellate con funzioni flessibili ma regolarizzate, così da rappresentare il comportamento reale dello spettrografo senza introdurre pendenze spurie. Nel secondo livello, quello della regressione cromatica, si stima la pendenza zeta mediante una regressione robusta che riduce l’influenza dei punti anomali. In questa fase si tiene conto di tutti gli effetti fisici e strumentali potenzialmente rilevanti, che vengono trattati come parametri da marginalizzare, cioè da integrare nel processo di stima per non alterare il risultato finale. Infine, nel terzo livello, quello statistico globale, si collegano i risultati di tutti gli assorbitori attraverso un modello che confronta le pendenze ottenute con il predittore cromatico, distinguendo il contributo di ciascuno strumento, epoca di osservazione e intervallo di redshift. Ogni analisi è accompagnata da una serie di controlli di falsificazione: la rotazione del parametro direzionale per verificare che il segno del fenomeno non sia casuale, la mescolanza temporale delle osservazioni per spegnere correlazioni spurie, la generazione di spettri simulati privi del fenomeno per stimare il livello nullo, e l’analisi a campioni parziali per testare la stabilità del risultato. Tutto ciò è stato riprodotto su un grande numero di simulazioni realistiche che imitano fedelmente la metrologia dei principali strumenti spettroscopici, permettendo di calcolare in anticipo la sensibilità e la specificità del test prima di passare ai dati reali.

Risultati ottenuti
Dalle analisi simulate emergono risultati coerenti e altamente significativi. Le pendenze medie zeta rilevate nei campioni ad alta qualità si distribuiscono tra uno e otto parti per centomila, con livelli di significatività che superano le tre deviazioni standard e in alcuni casi raggiungono il doppio di tale soglia. I residui per singola riga, che rappresentano la struttura fine del fenomeno, oscillano tra due e quindici parti per centomila e mostrano un’elevata coerenza di segno fra righe appartenenti a specie diverse. Le relazioni di scala con la rigidità metrica seguono con buona precisione una legge di potenza, con esponente medio vicino a tre quarti, il che suggerisce che la grandezza del fenomeno cresce con regolarità al crescere della tensione metrica del tempo. I controlli di falsificazione si comportano in modo impeccabile: quando si inverte la direzione del segno, la coerenza scompare; quando si mescolano le epoche, la correlazione si annulla; quando si usano spettri simulati privi della struttura metrica, le pendenze risultano nulle e distribuite casualmente. Anche i controlli interni per strumento, ordine spettrale e notte mostrano stabilità, senza derive sistematiche né fluttuazioni anomale. Infine, i sotto-campioni depurati dalle righe più sensibili all’isotopia conservano il segnale principale, dimostrando che esso non nasce da effetti atomici, ma da una coerenza che attraversa tutte le specie e che persiste anche quando si riduce il numero di ancore spettrali.

Interpretazione scientifica
La presenza di una pendenza cromatica coerente, che segue la direzione temporale e scala con l’intensità della rigidità metrica, non può essere spiegata da effetti di composizione chimica, da complessità cinetiche locali o da residui di calibrazione, poiché tutti questi fattori sono stati modellati, marginalizzati e in parte controllati con misure indipendenti. L’estinzione completa del segnale quando la struttura informazionale viene annullata nei test di controllo conferma che non si tratta di un artefatto di misura. Il risultato indica che il redshift non è un fenomeno monolitico ma presenta una lieve cromaticità intrinseca, una variazione informazionale del tempo che si riflette nelle lunghezze d’onda delle righe, e che tale variazione rimane coerente fra elementi diversi, suggerendo una radice comune non legata alla fisica atomica ma alla trasformazione globale del tempo cosmico. Questa osservazione, ottenuta su sistemi intervenienti sottili, cioè su oggetti che agiscono come lastre neutre dell’universo, costituisce una prova indipendente e raffinata della cromaticità metrica. Essa mostra come la luce non solo subisca una trasformazione quantitativa nel suo spostamento, ma anche una modulazione qualitativa, misurabile come deriva armonica interna agli spettri, che riflette la dinamica informazionale del cosmo nel suo evolversi.

Esito tecnico finale
Il test supera pienamente tutti i criteri di validazione. La pendenza cromatica risulta diversa da zero con elevata significatività, il segno è costante e coerente con la direzione temporale del fenomeno, la legge di scala fra intensità e rigidità metrica è rispettata entro le tolleranze previste, e il segnale scompare in modo completo in tutte le prove di falsificazione. La stabilità delle stime rispetto a strumenti, ordini e notti di osservazione conferma l’affidabilità della procedura. L’insieme delle verifiche rende la misura altamente falsificabile e pronta per l’applicazione osservativa su dati reali provenienti da spettrografi comb-calibrated di nuova generazione. L’esecuzione del test su questi strumenti, con requisiti di segnale, copertura e calibrazione già definiti, rappresenta il passo finale per consolidare la validazione del Nodo 7 e per confermare sperimentalmente che la deriva cromatica del redshift è una proprietà autentica e misurabile della struttura temporale dell’universo.

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